martedì 15 settembre 2009

In questo post non si parla di musica


Con lui ho sempre avuto qualche problema, sì.
Era una serata di fine dicembre del 2003, e un amico mi aveva segnalato questo pianista classico, dal cognome pesantissimo, avvezzo a sconfinare in sottogeneri non di rado esplorati da lui per primo. L'album propostomi era sul mercato già da un paio d'anni, si chiamava "I Giorni", ed era solo l'ultimo prodotto di questo artista, già noto a molti dei profani (che ebbero a tesserne le lodi negli anni successivi) per un album di un settennio prima che ebbe un discreto successo. Gli altri, quelli del giro, lo conoscevano da tempo per una sterminata serie di progetti e collaborazioni, comprese diverse colonne sonore (Nanni Moretti e Michele Sordillo su tutti). Era il periodo nel quale Studio Aperto e La vita in diretta non lo spalmavano sotto qualsiasi servizio, dal bambino addentato dal cane, al ritorno della primavera, al sto morendo di tumore ma dono il midollo alla mia figliastra perchè guarisca dalla leucemia che poi tanto c'ha il diabete e le torte sacher non le potrà mangiare mai.
Dimentico il cd in macchina (senza averlo mai ascoltato) per un mesetto buono. Poi, una sera guidando in solitudine, complice una situazione sentimentale che andava aggrovigliandosi in modo incontrollabile, decido che è ora di dare una svolta. Cambiare musica. Allungo la mano sul sedile posteriore e recupero dal mucchio proprio quel cd. Lo metto, mentre continuo a guidare e a riflettere su quello che sta succedendo alla mia vita. Nel frattempo le note si insinuano nei miei pensieri, li avvolgono. No. Di più. Ne entrano a far parte. Li condizionano, li possiedono, li spingono mentre iniziano a vorticare freneticamente, li trascinano, cullandoli, mentre rallentano. Io, quella prima volta, l'album è come se non l'avessi sentito. Come se ogni singola nota l'avesse partorita la mia mente. Non c'era più solco, nessuna distinzione, tutto era totalmente integrato, preciso, perfetto.
Ho pianto.
Vaffanculo, ho pianto.
Per un mese non ho ascoltato altro. Ne sentivo il bisogno fisico, era come se potessi rimanere solo, con me stesso e i miei privati tormenti, esclusivamente attraverso quella chiave. Una porta, non per uscire, ma per entrare. La sto facendo un po' melò, forse, ma alla fine qualcosa del genere l'abbiamo passato tutti, in una qualche misura.
Poi, basta.
Un mese dopo, all'incirca, per la prima volta, e per motivi indipendenti dalla mia volontà (che tutt'ora mi sfuggono) ho ascoltato "I Giorni" di Ludovico Einaudi completamente spogliato della veste catartica (mi odio quando uso parole del cazzo come catartica, ma funziona nel concetto) del quale lo avevo rivestito. La lampada di Aladino non funzionava più, e la vedevo finalmente per quello che era.
Sostanzialmente un album di merda.
Poco più di una roba banale e mediocre; sì, magari con qualche idea da salvare, ok. Ma poca cosa, davvero. La sbornia di quei giorni mi era passata all'improvviso, e avevo scoperto che il Don Perignon del quale mi stavo ubriacando era, in realtà, una tanica di miscela al 3%.
Disorientamento, sconforto, delusione. Non capivo bene, ma così stavano le cose. Quindi, pazienza. Sì, va avanti.
Non era finita lì, però.
Qualche mese dopo, uscì "Una mattina", e stavolta decisi di comprarlo; così, senza troppe speranze. Che poi lo shopping compulsivo non è mica una patologia femminile. Una va sulle scarpe, io vado al Club 33 in corso Umberto. Eccheccazzo.
Sorpresa.
Un capolavoro.
Travolgente, impetuoso, potente nella sua infinita dolcezza. Cristo santo. Muoio.
Per un mese.
Poi.
Uguale.
L'ho stramaledetto in privato per le pacchianate orrende che osava spacciare per musica, lui e quei finocchi che gli suonano affianco. MA NO. NO! Mi sono incazzato quasi quanto pochi mesi fa, quando quella faccia tonda con una feritoia longitudinale di Giovanni Allevi, ai mondiali di nuoto di Torino, raccontò della sua tecnica di ripassare le partiture sott'acqua. A memoria. Che poi gli restava il tempo per farsi venire l'ispirazione per i nuovi pezzi. Ma vaffanculo.
Mi aveva fregato ancora.
E ancora mi fregò in seguito.
Così per Divenire, un po' meno per Diario Malì che tutto sommato ho gradito anche oltre il mese, ma sempre così fu per Le Onde, per Eden Roc. per Luce dei miei occhi.
Un mese di assuefazione e totale annullamento del senso critico. Un mese nel quale avrei buttato Chopin e Keith Jarrett nel cesso per 'sto cazzone milanese. Un mese, solo un mese.
Quindi, se nel prossimo mese vi dirò che Nightbook, appena uscito, e appena comprato, è il più bell'album del decennio, per favore;
NON credeteci.
Grazie.

Ho appena finito di ascoltarlo.
E' il più bell'album del decennio.


1 commento:

  1. sat zé semo!..comunque essendo io ancora nella fase dentro le note di una canzone che ripetutamente ascolto..x ovvie ragioni che ben sai..ti ho capito e ti capisco..e ho apprezzato molto questo tuo post!..siamo cugini non x niente..xo' su Nightbook...NON CI CREDOOO!!:D

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